Agli occhi dei visitatori più distratti, il marmo del Partenone può sembrare una pietra comune, ma non è così. È uno dei marmi bianchi più noti e apprezzati dall’antichità, che dal toponimo del suo sito di estrazione è stato denominato pentelico. Come leggiamo sull’Enciclopedia Treccani: “La sua colorazione, bianca nel materiale fresco, passa, con la prolungata esposizione agli agenti atmosferici, ad un caratteristico, tenue giallo-oro che conferisce alla roccia una particolare nobiltà”. E non a caso è stata una pietra d’elezione per scultori del calibro di Fidia e Prassitele. Tra i marmi c.d. antichi è una celebrità.
Proprio ai “marmi antichi” è dedicata una delle vetrine espositive del Museo dell’Accademia dei Fisiocritici. Ci troviamo nella sezione geologica, fiore all’occhiello del Museo. Non possiamo in questa sede rendere il giusto omaggio all’incredibile assortimento di minerali, rocce e fossili esposti in questa sezione. Ma sulla scia delle connessioni che dal marmo pentelico dell’Acropoli ci hanno ricondotto in Accademia, ci piace concludere questa scheda “marmorea” menzionando i “Marmi” del Duomo di Siena, la collezione delle 23 tipologie di pietre ornamentali impiegate nella costruzione della cattedrale senese. Ciascun frammento suggella un “legame di pietra” tra l’Accademia e la Città di Siena e rende plastiche (in senso stretto) le molteplici connessioni tra quest’ultima e i luoghi di reperimento dei frammenti marmorei. Un primo (ancora acerbo) tentativo di restituzione multimediale di queste connessioni è disponibile su questo sito (QUI).
(ANDREA SIMONE)
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